Cantine Spanu

Cantine Spanu

Cantine Spanu affonda le sue profonde radici nel tempo, a partire dal 1773, con il suo fondatore Giovanni Maria Spanu, che impiantò il primo vigneto nel salto di Iloghe, fra i più fertili dell’intero comprensorio, da cui trae origine il nome dell’omonimo Vino. Fu cosa assai rara per il periodo, in quanto i modesti appezzamenti viticoli, erano solitamente situati nell’immediata periferia urbana, Sa Costa, Filieri, Murisinu, solo per citarne alcuni. Le origini del toponimo Iloghe, secondo alcuni studi portati avanti da uno studioso, appassionato di storia e tradizioni locali, pare siano riconducibili, alle caratteristiche morfologiche di quei terreni, la cui origine in gran parte alluvionale, e vulcanica, erano le caratteristiche distintive di quel salto, come ben rappresentano Sas Paules, (le paludi) ora prosciugate, di Oddonue, Biriddo, Porcarzos, solo per citarne alcune, dal cui nome latino “Idiles” (palude) che, unendosi al suffisso “oghe”, da foce, diedero origine a “Idiloghe”, che con il passare del tempo, e la caduta della D intervocalica, diede luogo a ILOGHE. Non possiamo non ricordare l’importanza in epoca nuragica di quel salto, a giudicare dalle testimonianze dei reperti ritrovati, e dai numerosi e importanti insediamenti, giunti fino ai nostri giorni in buono stato di conservazione, come Serra Orrios, il nuraghe di Su Casteddu, Biristeddi, per citare i più importanti e meglio conservati. Le viti a piede franco erano in prevalenza cannonau autoctono, ma venne poi successivamente affiancato un clone varietale sempre di cannonau, proveniente dalla Spagna, probabilmente frutto dei primi contatti commerciali che avvenivano nel piccolo porto di Cala Gonone. Con l’avvento dei lavori di infrastrutturazione della Sardegna, portati avanti dai Savoia e la realizzazione di una delle più importanti arterie stradali dell’epoca, quale la Carlo Felice, nei primi anni venti, che attraversava l’isola da Cagliari a Porto Torres, vennero nell’isola numerose maestranze, fra i quali un altro mio antenato, Pasquale Caroti, toscano verace, produttore di ceramiche e viticoltore in quel d’Impruneta, insieme alla moglie Anna Frizzi, dal quale matrimonio nacque Luigi Caroti, divenuto poi Carotti, a causa degli errori di scrittura degli impiegati dell’anagrafe locale. La coltivazione della vite e vinificazione, continuò con i figli oltre le attività di produzione di laterizi e piastrelle, diventando un’importante realtà in ambito provinciale, e al primo panificio industriale, del paese, chiuso poi nell’immediato dopoguerra.

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Maddalena, mia nonna, terza di cinque figli, si coniugò poi con Giovanni Maria Spanu, mio nonno. Nel 1912 fondò insieme alle famiglie Mulas, Murgia, Carotti, peraltro imparentate fra loro, la prima cooperativa sociale vitivinicola di Dorgali, nel salto di Oddoene denominata comunemente Vigna Sociale. Fu sdoganato così un terreno fino ad allora considerato marginale, e non idoneo alla coltivazione della vite, sebbene ricco d’acqua, creando così il primo impianto viticolo del salto, che ancora oggi gli eredi di queste famiglie conducono. A ILOGHE nel 2007 reimpiantai il primo vigneto, dove ancora nella vecchia casa in pierta, costruita da mio bisnonno Pietro Spanu nella parte alta del vigneto, sono custoditi ancora, pressoché integri, i contenitori murali, usati per la fermentazione delle uve, che venivano vinificate in loco. Il prodotto finito poi veniva trasportato nelle fresche e rinomate cantine, con le caratteristiche volte a vela in mattoni, situate nell’antico rione di Goritto, dove insiste quella odierna. Questa cantina è il testimone importante, della storia di una piccola comunità di abili viticoltori, ma anche orafi, artigiani, allevatori e commercianti, che sempre si sono distinti per l’operosità, l’ingegno e l’innovazione. Attualmente Dorgali, occupa il quarto posto in Sardegna per ettari di superficie vitata, annoverando un’importante cantina sociale, inserita ai primi posti nell’isola per numero di ettolitri di vino prodotti. Questo narra la storia di una famiglia, che guardando in maniera orgogliosa e consapevole al meglio della propria tradizione secolare, intende proiettarla, fiduciosa nel futuro, con l’auspicio e l’onere di poter trasfondere gli antichi saperi in un innovativo progetto enologico capace di dedurne e sintetizzarne le potenzialità più originali.

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